SCANDALOSO: IL COMUNE DI ROMA CONCEDE PATENTI SPECULATIVE!
A Roma – nel mentre si registra una dimensione record del disagio abitativo – succede che l’ufficio U.O. Edilizia Residenziale Pubblica (afferente al Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica) fornisce creativi “chiarimenti” (per noi patenti speculative!!!) ai primi assegnatari di alloggi facenti parte del patrimonio di edilizia residenziale pubblica che quindi, commercializzano detti cespiti a prezzo libero di mercato e si appropriano di un enorme surplus sul prezzo di vendita (circa € 250.000,00 ad alloggio), rispetto al valore previsto dalle relative Convenzioni edificatorie .
Questo privilegio (che equivale ad una vincita al superenalotto!!!), viene concesso senza neppure richiedere l’obolo previsto dal comma 49-bis dell’art. 31 della Legge 448/1998 introdotto dalla Legge 106/2011 (c.d. Decreto sviluppo 2011) perché tale normativa – nel Comune di Roma – è rimasta inattuata.
La ns. associazione ha stimato che, il danno erariale prodotto all’Ente Pubblico – a causa del mancato introito delle sanzioni e/o degli oneri di eliminazione dei vincoli relativi al prezzo massimo di cessione e di locazione – ad oggi, ammonterebbe ad almeno 500 milioni di euro. Sorge spontaneo chiedersi il motivo per cui il Comune di Roma non si attivi di conseguenza, essendo, notoriamente, in dissesto finanziario e già commissariato!
Ma, si ripete, ciò è poca cosa rispetto all’impatto sociale e alla turbativa di mercato che si sta provocando nella nostra città dove, abitazioni situate all’ estrema periferia, si ripete edificate su terreni espropriati per pubblica utilità, vengono posti in vendita al prezzo poco popolare di 360.000 euro (ed oltre!) laddove i primi assegnatari – pochissimi anni prima – non hanno pagato neppure la metà di quanto oggi pretendono!
La normativa di cui si parla viene correttamente capita ed applicata (!!!) in tutte le parti d’Italia, tra cui nei comuni di Firenze, Reggio Emilia, Torino, Pisa, Venezia, Ferrara, Bologna, Parma, Modena, Padova, Arezzo, Rimini, Cremona, Cagliari, nonché Milano e gli altri 80 comuni aderenti al C.I.M.E.P. (Consorzio Intercomunale Milanese per l’Edilizia Popolare). Tralasciando l’enumerazione di tante altre Amministrazioni, non si comprende perché a Roma l’interpretazione delle norma dovrebbe essere diversa. In realtà, proprio a qui dovrebbe sentirsi maggiore l’esigenza di un’applicazione corretta delle richiamate norme poiché 1 famiglia su 191 si trova sotto sfratto (per lo più per morosità); gli affitti in pochi anni sono saliti del 160%; centinaia di famiglie disperate – per garantirsi il “diritto all’abitare” – sono state addirittura costrette a umiliarsi e ricorrere alle cosiddette “occupazioni”.
La Legge 22 ottobre 1971, n. 865, denominata anche “legge di riforma della casa“, prevede una serie di prescrizioni volte ad agevolare l’edificazione di alloggi popolari, ad opera delle imprese e cooperative, ai quali venne imposta la stipulazione di un’apposita convenzione con l’ente locale volta a disciplinare, oltre al pagamento della concessione del diritto di superficie ed alle prescrizioni volte a consentire la realizzazione delle opere di urbanizzazione, i criteri per la determinazione del prezzo di cessione degli alloggi e quelli atti a consentire la revisione periodica dei canoni di locazione.
Secondo quanto statuito dalla delibera C.E.R. del 04/11/1993 il cui titolo è: “Legge 179/1992 art. 22 – Indirizzi metodologici per la definizione dei criteri generali per il convenzionamento dei programmi di edilizia agevolata”, “il prezzo definito dalla convenzione comunale rappresenterà, naturalmente, il prezzo massimo che l’operatore potrà praticare nel trasferimento della proprietà dell’abitazione al primo destinatario e, successivamente e per la durata della convenzione, quello che tale destinatario potrà applicare ad un successivo acquirente, fermo restando che i prezzi effettivi, nel rispetto di tale massimale, saranno quelli direttamente concordati tra le parti”
Invece, in base ad una singolare interpretazione del Comune di Roma, gli alloggi costruiti su suoli espropriati ex l. 865/1971 e poi concessi, dallo stesso Comune, in diritto di superficie, nella vigenza della relativa convenzione, non sarebbero sottoposti a nessun vincolo relativo al prezzo massimo di cessione a carico dei primi assegnatari; in altre parole, sarebbe lecito, che i primi assegnatari di tale tipologia di alloggi (facenti parte del patrimonio residenziale pubblico) possano tranquillamente (ri-)vendere detti alloggi a prezzo libero di mercato.
La Suprema Corte di Cassazione, nelle sentenze nn. 3018/2010 e 11032/1994, ha stabilito che: “Qualora il proprietario di un immobile costruito da una cooperativa edilizia in regime di edilizia residenziale convenzionata, sulla base di una convenzione con il comune, abbia stipulato un contratto per la cessione dell’immobile ad un prezzo superiore a quello massimo indicato nella convenzione, il predetto prezzo può essere adeguato, ex art. 1339 c.c., a quello stabilito nella convenzione stessa” ed ancora:, “che siffatta interpretazione della clausola contrattuale è in linea con le finalità sociali della normativa […] diretta ad agevolare a livello collettivo, l’accesso alla proprietà della casa d’abitazione, finalità che sarebbe vanificata ove fosse consentito agli acquirenti successivi dell’immobile di venderlo a prezzi superiori, ponendo così in essere inammissibili speculazioni”.
Il senso di quanto affermato dalla Suprema Corte è quanto mai chiaro; la funzione sociale di un alloggio costruito su aree espropriate per pubblica utilità non può esaurirsi al momento della prima assegnazione. In altre parole, concedere una sorta di patente speculativa in capo al primo acquirente/assegnatario di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, costruito su aree espropriate, non può essere considerato un interesse pubblico.
Consentire questa macroscopica speculazione, potrebbe addirittura esporre la pubblica amministrazione ad un pericoloso contenzioso con i proprietari espropriati.
L’emergenza abitativa si risolve restituendo l’originale funzione sociale a questa tipologia di abitazioni.
BASTA SPECULAZIONE!
ASSOCIAZIONE “AREA 167”
WWW.AREA167.ORG
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