INVITO AD ADERIRE AL RICORSO AL CONTRO DELIBERA ASSEMBLEA CAPITOLINA N. 46/2017

RICORSO AL T.A.R. LAZIO

CONTRO

DELIBERA ASSEMBLEA CAPITOLINA N. 46/2017

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Premesse:

LA TRASFOMAZIONE DEL DIRITTO DI SUPERCIE IN PROPRIETA’ PIENA, NON SAREBBE SUFFICIENTE AD ELIMINARE I VINCOLI DEL PREZZO MASSIMO DI CESSIONE DEGLI ALLOGGI EDIFICATI IN REGIME DI EDILIZIA AGEVOLATA-CONVENZIONATA DI CUI ALL’ART. 35 DELLA L. 865/1971.

In estrema sintesi, questo è quanto si legge nel provvedimento in epigrafe che, pero, si pone in una situazione di insanabile conflitto con il c. 46 dell’art. 31 della Legge 448 la quale prevede che le convenzioni stipulate ai sensi dell’articolo 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 possono essere sostituite con una nuova convenzione per una durata di 20 anni diminuita del tempo trascorso fra la data di stipulazione della convenzione che ha accompagnato la concessione del diritto di superficie.

La ns. associazione, rimane contraria allo svilimento della funzione sociale degli alloggi edificati in regime di edilizia residenziale pubblica e ritiene profondamente ingiusta la pratica dell’affrancazione laddove non impedisce la speculazione sulla compravendita (e locazione) di tale tipologia di alloggi decorso un periodo di soli 5 anni dalla data di prima assegnazione.

Riteniamo invece ragionevole la possibilità prevista dal c. 46 dell’art. 31 della Legge 448/1998 (trasformazione diritto di superficie in proprietà piena) secondo cui, decorsi 20 anni dalla data di stipula della originaria convenzione per la concessione del terreno, tali alloggi possano uscire dal regime vincolistico previsto dalla L.865/1971 ed entrare nel regime dell’edilizia privata, chiaramente previo pagamento di un corrispettivo di trasformazione.

Invece, Roma Capitale (diversamente da quasi tutti gli altri comuni italiani) ha travisato la sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 18135/2015 ed ha stabilito che per uscire dal regime vincolistico del “prezzo massimo di cessione” bisogna effettuare il pagamento sia il “corrispettivo di trasformazione” che quello di “affrancazione”

Inoltre, pur avendone l’opportunità, l’Assemblea Capitolina non ha mai rimediato alla disparità di trattamento creata dalla Delibera del Commissario Tronca n. DKC 40/2016 con cui, a 14 dei 118 Piani di zona, è stato concesso l’abbattimento del 50% dei valori venali approvati la medesima delibera.

 

Motivi di impugnazione in sintesi.

Il “cuore” del ricorso sarà finalizzato all’annullamento della Delibera dell’Assemblea Capitolina n. 46/2107 in relazione alla modifica dello schema di convenzione approvato con Delibera n. 54/2003 riguardante la “Trasformazione del diritto di superficie in proprietà piena” per contrarietà con quanto stabilito dal c.46 dell’art. 31 della Legge 448/1998.

In caso di accoglimento, la trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà piena, comporterà l’automatica decadenza del vincolo del prezzo massimo di cessione al decorrere di venti anni dalla data di stipula della originaria convenzione con cui era stato concesso il diritto di superficie.

L’argomento dovrebbe stare a cuore anche ai “superficiari” non ricadenti nei 14 PDZ a cui è attualmente consentita la “Trasformazione”, poiché quando sarà il loro turno (confidiamo presto), si troveranno di fronte a condizioni più vantaggiose e aderenti alla legge.

Nell’occasione di codesta impugnazione, salvo ulteriore approfondimento tecnico-legale, si chiederà anche l’annullamento parziale di alcuni atti presupposti, e in particolare:

1)     Schema di convenzione relativo alla eliminazione del vincolo del prezzo massimo di cessione approvato con Delibera DKC-33/2015 e ss.ii.mm nella parte in cui il Comune di Roma si riserva il diritto di poter richiedere ulteriori pagamenti a titolo di (indeterminati) conguagli.

2)     Annullamento del punto 6 della Delibera DKC-40/2016 in cui si concede ad alcuni piani di zona una riduzione del 50% del valore venale dei suoli.

PER SOSTENERE QUESTA NOSTRA BATTAGLIA OCCORRE CHE ALMENO 300 PERSONE VERSINO L’IMPORTO DI € 50 (CHE COMPRENDE ANCHE LA SOTTOSCRIZIONE DELLA TESSERA ASSOCIATIVA RELATIVA ALL’ANNO 2018 PARI A 25 EURO).

IN CASO DI MANCATO RAGGIUNGIMENTO DI TALE NUMERO DI ADESIONI ENTRO LA DATA DEL 15.11.2017, L’IMPUGNAZIONE DELLA DELIBERA SARA’ EFFETTUATA (SALVO RAGGIUNGIMENTO DELLO STESSO NUMERO MINIMO ADESIONI ENTRO IL 15.01.2018) CON RICORSO STRAORDINARIO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA.

SE NEPPURE A TALE ULTIMA DATA IL NUMERO MINIMO DI ADESIONI SARA’ RAGGIUNTO, IL RICORSO NON SARA’ DEPOSITATO E LE RELATIVE QUOTE GIA’ VERSATE SARANNO RESTITUITE AI SOTTOSCRITTORI

SI PRECISA CHE L’ADESIONE ECONOMICA  AL  RICORSO NON COMPORTA COSTI AGGIUNTIVI  E RISCHI DI SOCCOMBENZA PER I SOTTOSCRITTORI

 


SOTTOSCRIVI ADESSO TESSERA ASSOCIATIVA ANNO 2018 + RICORSO

 

 

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13 Responses to INVITO AD ADERIRE AL RICORSO AL CONTRO DELIBERA ASSEMBLEA CAPITOLINA N. 46/2017

  1. Giuseppe scrive:

    GRAZIE ASSOCIATI!!!
    Grazie davvero, finora già 80 persone hanno sottoscritto l’adesione al ricorso…
    per raggiungere le 300 firme serve ancora uno sforzo da parte di tutti noi.
    Dobbiamo riuscire ad informare e convolgere quante più persone possibili (condomini, amici,conoscenti…).
    DAI!!! L’UNIONE FA LA FORZA!!!

  2. Fabio scrive:

    Tutto condivisibile ma la questione del 50% va analizzata in seso più ampio e non ridotta ad una mera considerazione sulla disparità di trattamento. Le nuove norme per le procedure di esproprio, combinate con il principio perfetto pareggio di bilancio, finiranno per forza per penalizzare i piani in cui i contenziosi del comune con gli espropriati non sono stati conclusi perima delle modifiche normative. Allo stesso tempo, non potendo il comune lucrare sui piani di zona sarà costretto, e se non lo farà lo costringeremo, ad adottare due criteri diversi e non potrà utilizzare il mero valore venale per chiedere i conguagli in piani dove l’indennita di esproprio non è stata corrisposta in base al valore venale e dove eventuali contenziosi siano già passati in giudicato.

    • Fabio scrive:

      PS. Vorrei inoltre precisare che il problema nasce dal fatto che in passato questa riduzione era stabilita nella stima del valore venale, come giustificato nella relazione tecnica di stima, mentre, tra le altre corbellerie che contiene, nella delibera 40 viene applicata come abbattimento ulteriore del valore venale nella formula del corrispettivo, mentre la Corte dei Conti sezione delle autonomie ha gia dato una interpretazione diversa del comma 49bis art.31 L.448/98, stabilendo che il 50% non è un ulteriore abattimento, ma la facolta del comune di portare la percentuale del valore venale da usare nel calcolo dal 60% al 50%. Tra l’altro non è affatto scontato che quando verrà concessa la possibilità di trasfromare negli altri piani, per un criterio di equità, non verra adottato lo stesso metodo, quindi se mai è in quel momento che bisognerà sollevare la questione, farlo ora è come darsi la zappa sui piedi.

    • Giuseppe scrive:

      La predisposizione e l’attuazione della Convenzione Urbanistica di cui all’art. 35 della Legge 865 del 1971, stipulata fra le amministrazioni comunali e i concessionari (cooperative, imprese di costruzione, ecc.), in buona parte è sottratta alla autonomia delle parti e deve rispettare le prescrizioni stabilite dalla disciplina legislativa del settore e in particolare nel predetto articolo 35 della Legge 865 del 1971. (ex multis, T.A.R Lazio n. 2963/2003, T.A.R Lazio n. 2963/2030).
      Pertanto, ai fini della validità delle convenzioni, L’art. 35 della L 865/1971 stabilisce in maniera inequivocabile, un contenuto minimo o “necessario” delle stesse.
      In base a quanto stabilito dal comma da 46 dell’articolo 31 della legge 448/1998: “i comuni possono cedere in proprietà le aree comprese nei piani approvati a norma della legge 167/1962, ovvero delimitate ai sensi dell’articoli 51 della legge 865/1971, già concesse in diritto di superficie […]”.
      La trasformazione del diritto di superficie in piena proprietà avviene con la stipula di una nuova “convenzione” (tra Comune e l’attuale proprietario del diritto di superficie) che sostituisce quella originaria, stipulata con il costruttore e con la quale venne costituito il diritto di superficie.
      Come si è detto in precedenza, la convenzione originaria vincolava le parti per un periodo compreso tra 60 e 99 anni ed imponeva al costruttore (ed ai suoi “aventi causa”: acquirenti degli alloggi) una serie di “prescrizioni”: circa i requisiti degli acquirenti, circa il prezzo massimo di prima vendita degli alloggi (e, se consentita, di rivendita), circa il canone massimo di locazione, circa le caratteristiche tipologiche e costruttive, circa la durata dei vincoli, ecc. .

      La nuova “convenzione”, secondo quanto previsto dallo stesso comma 46, deve essere stipulata per una durata di 20 anni (diminuita del tempo trascorso fra la data di stipulazione della convenzione che ha accompagnato la concessione del diritto di superficie o la cessione in proprietà delle aree e quella di stipulazione della nuova convenzione) in cambio di un corrispettivo, per ogni alloggio edificato, calcolato ai sensi del comma 48.
      Quindi, la nuova convenzione, che determina la trasformazione del diritto di superficie in piena proprietà porta con sé la decadenza automatica delle prescrizioni fissate nella convenzione originaria (prezzo massimo di rivendita dell’alloggio, canone massimo di locazione, ecc.) al decorrere di venti anni “diminuita del tempo trascorso fra la data di stipulazione della convenzione che ha accompagnato la concessione del diritto di superficie […] e quella di stipulazione della nuova convenzione”.
      Roma Capitale, differentemente da quanto avviene nel resto d’Italia e contrariamente a quanto è scritto a chiare lettere nella L.448/1998, ritiene che il vincolo del prezzo massimo di cessione non decade con la trasformazione del diritto di superficie in proprietà, ma persista fino alla stipula della convenzione prevista dal comma 49 bis dell’art. 31 della L.448/1998.

      Corrispettivo di trasformazione.
      La trasformazione del diritto in proprietà, ovviamente, avviene a titolo oneroso. La modalità di calcolo del corrispettivo è fissato nel comma 48 dell’art. 31 della legge 448/1998 in cui è scritto che: ”il corrispettivo delle aree cedute i proprietà [sia] determinato dal comune, su parere del proprio ufficio tecnico, in misura pari al 60 per cento di quello determinato attraverso il valore venale del bene, con la facoltà per il comune di abbattere tale valore fino al 50 per cento, al netto degli oneri di concessione del diritto di superficie, rivalutati […]”.
      La Sezione Autonomie della Corte dei Conti, con la deliberazione n. 10/SEZAUT/2015/QMIG del 9 marzo 2015, si è espressa sulle modalità applicative dei criteri di calcolo del corrispettivo, dettando un “principio di diritto” cui devono conformarsi tutte le Sezioni regionali di controllo ed ha precisato che detta disposizione attribuisce al comune la facoltà di “abbattere sino al 50 per cento la quota percentuale da applicarsi al valore venale del bene e, dunque, correlativamente di elevare la già prevista riduzione del 40 per cento sino al 50 per cento”.
      In sintesi, il comune può aumentare lo “sconto”, sul valore venale dell’area da riscattare, dal 40 per cento ad un massimo del 50 per cento.
      In precedenza la Sezione regionale di controllo per la Lombardia della Corte dei Conti (deliberazione n. 170/PAR/2014) aveva sostenuto che il comma 48 concedesse al comune la possibilità di abbattere del 50 per cento, quindi dimezzare, l’importo ottenuto calcolando il 60 per cento del valore venale.
      Il corrispettivo, in ogni caso, non potrà essere superiore al costo stabilito dal comune “per le aree cedute direttamente in proprietà al momento della trasformazione di cui al comma 47”.
      Alla luce di tutto ciò, la decisione di Roma Capitale di abbattere di un ulteriore 50% il valore venale dei suoli ricadenti nei 14 P.d.Z. attualmente trasformabili, è illegittima e potrebbe comportare la declaratoria di nullità (quantomeno parziale) delle nuove convenzioni per la trasformazione del diritto di superficie in piena proprietà.
      Inoltre, notai e dirigenti capitolini si assumeranno il rischio di risarcire il danno erariale causato alle casse di Roma Capitale da una delibera contraria allo schema previsto dalla Legge 448/1998?

      • Fabio scrive:

        Infatti è esattamente quello che ho scritto io, ossia che l’abattimento del 50% precedentemente era stato praticato non come abttimento citato nell’art.48, ma a monte nella valutazione del valore venale. E personalmente avrei quelche difficolta a stipulare una convenzione sostitutiva sapendo che probabilmente tra quelche tempo qualcuno mi venga a richiedere il 50% mancante. Però da valutare che quell’abattimento è stato previsto gia nella 40/2016, ed e dubitabile che venga accolto una contestazione ad una particolare della 46/2017 che invece è stato stabilito nella precedente delibera, delibera dove, come ben saprà, di anomalie ce n’è a iosa e non capisco allora perchè sollevare solo quella. Ne cito una tra le tante, lo scorporo degli oneri di urbanizzazione dal contributo per la concessione del diritto di superficie da portare in detrazione, onere di cui invece fa parte integrante come da parere del Consiglio di Stato, parere ripreso poi da una sentenza TAR Sardegna e da una delibera della Corte dei conti Lombardia.

        • Giuseppe scrive:

          Per dirimere la questione relativa agli oneri di urbanizzazione, occorre per prima cosa chiarire che in base a quanto disposto dall’art. 16 del Decreto Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, il rilascio di un “Permesso di Costruire” comporta, la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione.
          Il “Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”, prescrive, all’art. 16 comma 6, così come già indicato all’art. 5 della Legge 28 gennaio 1977, n. 10, che i Comuni, ogni cinque anni, debbano provvedere ad aggiornare gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, in conformità alle relative disposizioni regionali, in relazione ai riscontri e prevedibili costi delle opere di urbanizzazione primaria, secondaria;
          La Regione Lazio, con legge del 12 settembre 1977, n. 35, cui sono succedute la Legge Regionale di modifica 16 gennaio 1980, n. 1 e la Legge Regionale 18 giugno 1980, n. 71, ha approvato, agli effetti della corresponsione dei relativi oneri sia per l’edilizia residenziale che per quella turistica, commerciale e direzionale, nonché per costruzioni e impianti industriali e artigianali, le tabelle parametriche della determinazione degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, fissandone altresì i criteri attuativi;
          L’art. 21 della predetta legge regionale del 1975, così come modificato dall’art. 9 LR 19/04/94, n. 11 stabilisce che: “Costi di urbanizzazione per l’edilizia residenziale pubblica Nell’ambito di piani di zona, di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 e successive modificazioni e delle aree destinate ai sensi dell’art. 51 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e successive modificazioni, ferme restando le agevolazioni previste dagli artt. 7 e 9 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 il costo delle opere di urbanizzazione non può essere determinato in misura superiore all’85 per cento del corrispondente contributo per opere di urbanizzazione stabilito dal Comune ai sensi dell’art. 5 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 e della stessa legge regionale.
          Tale disposizione parrebbe essere in contradizione con quanto disposto dall’art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 così come modificato dal comma 63, lettera d), dell’art. 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, a sua volta modificata dall’art. 7, comma 5, della Legge 23 dicembre 1999, n. 136, la quale prevede che: “… Il corrispettivo delle opere di urbanizzazione, sia per le aree concesse in superficie che per quelle cedute in proprietà, è determinato in misura pari al costo di realizzazione in proporzione al volume edificabile entro il limite di quanto dovuto ai sensi della legge 28 gennaio 1977, n. 10 e successive modificazioni”;
          La questione è stata chiarita dal Consiglio di Stato, Sez. IV, nella Sentenza n. 4685 del 15.09.2014 in cui si specifica che: “il contributo di urbanizzazione è commisurato al costo delle opere di urbanizzazione da realizzarsi concretamente nella zona, e differisce dal contributo da pagare all’atto del rilascio della concessione di costruzione, che ha natura contributiva, rappresentando un corrispettivo delle spese che la collettività si addossa per il conferimento al privato della facoltà di edificazione e dei vantaggi che il concessionario ottiene per effetto della trasformazione.
          Trattandosi di due istituti diversi ne derivano oneri diversi, l’uno relativo al costo sostenuto per rendere urbanizzata ed edificabile la singola area, l’altro relativo ad un contributo, di carattere tributario volto alla realizzazione del generale assetto urbanistico del territorio comunale.
          La giurisprudenza di questo Consiglio ha, invero, sancito che il rimborso dei costi reali per le opere di urbanizzazione realizzate dal Comune è previsto in diritto di superficie di un lotto P.E.E.P ceduto o assegnato, ma non come contributo per il rilascio della cessione edilizia, che segue sempre i parametri tabellari.
          Il Tributo per il rilascio della concessione edilizia imposto dalla L. 28.1.1977 n. 10, commisurato agli oneri di urbanizzazione, ha carattere generale, in quanto prescinde totalmente dall’esistenza o meno delle singole opere di urbanizzazione, ha natura di prestazione patrimoniale imposta e viene determinato senza tener conto dell’utilità che riceve il beneficiario del provvedimento di concessione né delle spese effettivamente necessarie per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione relative alla concessione assentita, mentre ha diversa natura il rimborso delle spese di urbanizzazione effettivamente sostenute dall’Amministrazione comunale, ai sensi dell’art. 35, XII comma, L. 22.10.1971, n. 865, essendo rivolto a determinare il prezzo di cessione ossia a reintegrare il Comune del costo sostenuto per l’espropriazione, l’urbanizzazione e l’ulteriore trasferimento dell’area.”
          Per dovere di precisione, si deve dire che il Consiglio di Stato, con la sentenza in esame, ha modificato in maniera radicale l’orientamento espresso dalla II Sezione il 16 novembre 2015.
          Ammesso in ipotesi, che gli oneri di urbanizzazione versati al momento della concessione del diritto di superficie possano essere detratti dal corrispettivo di trasformazione, a modesto parere di chi scrive, la detrazione dovrebbe riguardare la parte eccedente quanto stabilito dal Comune ai sensi dell’art. 5 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, per evidenti ragioni di uguaglianza con alloggi edificati al di fuori del Piani di Zona.
          Lo stesso identico ragionamento dovrebbe valere anche per quanto attiene il contributo afferente al “Costo di costruzione” dato che, in base alla Delibera n. 5281/1978, art. 3, lettera “i”, le costruzioni ricadenti nelle zone 167 sono state esentate dal pagamento dei relativi oneri.

          • Fabio scrive:

            Non vedo come poter assimilare alloggi costruiti al di fuori dei piani di zona, quando questi non hanno i vincoli convenzionali specifici degli immobili peep, secondo questa teoria se si effetua la trasformazione bisognerebbe pagare tutto quello che si sarebbe dovuto pagare per un immobile “normale” e allo stesso tempo l’immobile non divene un imobile “normale” perchè i vincoli convenzionali non decadono con la trasfromazione per il suo periodo di vigenza. Non capisco poi come mettere in relazione gli oneri sostenuti perle oo.uu con il contributo di costruzione all’interno del calcolo per la trasfromazione, se mai questo discorso andrebbe fatto in una revisione di un conguaglio postumo. Ad ogni modo qui non stiamo disquisendo di cosa è eticamente giusto o non giusto e delle svariate contraddizioni di comma di legge, che non sono stati modificati anche alla luce di sentenze delle varie Corti che ne rendono contraddittoria l’appicazione, ma di cosa afferma la legge 448/98 al comma 48 dell’art 31, dove parla detrazione del contributo di concessione del diritto di superficie, ed tale contributo è inequivocabilmente composto da corrispettivo provvisoro (o meno se conguagliato) per l’esproprpio dell’era e dal contrinbuto per la realizzazione delle oo.uu, il quale anche se versato nella misurà ridotta e matematico che se detratto sarà detratto nella stessa misura. In conclusione, trattandosi di oneri di natura differente applicati su immobili con vincoli diversi, non è chiaro come si possano compensare automaticamente tra loro solo per una teoria di equità tutta da discutere, pertanto non è chiaro come si possa ritenere superato, in relazione a questo, il parere del 16 ottobre 2005 espresso dalla seconda sezione.

          • Fabio scrive:

            Mi correggo, parere del 16 novembre 2005

  3. Valentina scrive:

    Buonasera altro dubbio: abbiamo presentato in questi giorni la domanda per l’affrancazione dell’immobile ( sono la prima proprietaria e nel 2920 saranno 20 anni che posseggo la casa). Qual’ora mi chiamassero in tempi brevi procederei ad affrancare la casa…. nel 2020 poi dovrei anche pagare la tassa al Comune? O in caso di vendita i nuovi proprietari avrebbe la tassa da assolvere?

    • Giuseppe scrive:

      Nel 2020 se vorrai trasformare il diritto di superficie in proprietà piena, in base alla normativa attualmente in vigorte nel Comune di Roma, dovrai pagare il corrispettivo di affrancazione.
      A mio modo di vedere quanto pagato a titolo di affrancazione, dovrebbe essere considerato quale anticipo sul corrispettivo di trasformazione.

    • Fabio scrive:

      Di quale tassa sta parlando?

  4. Valentina scrive:

    Buonasera mi sono iscritta a maggio 2017. Devo pagare la quota intera x aderire al ricorso? Oppure decurto i 25 euro dell’iscrizione e contribuisco solo con 25 euro? Saluti

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