Certezza dell’incertezza.

– C’è Angela (nome di fantasia, come tutti quelli che saranno usati nel testo dell’articolo), ci sono Giovanni e suo figlio disabile, Michele, c’è la famiglia Rossi: posti diversi, vite pressochè uguali, passate nella certezza del non avere certezza di un tetto sulla testa. Sono alcune delle innumerevoli, solite vittime con cui si è accanita, sorriso beffardo in volto, una situazione economica catastrofica, che ha messo in discussione persino ciò che non meriterebbe di essere discusso, in nessun caso: una casa dove stare. L’esplosione della questione abitativa, diventata poi, probabilmente, qualcosa di diverso, che non sarebbe sbagliato definire questione sociale, è una realtà, di cui si è ampiamente parlato nei giorni e nei mesi scorsi. Preventivata, anche da chi si occupa di questioni sociali, come la Caritas, a fine 2012, quando il fuoco non era visibile, e covava sotto la cenere. E dietro i numeri, che già Ottopagine aveva snocciolato la scorsa settimana, ci sono le storie, poi, quelle che parlano più dei numeri, già abbastanza eloquenti. Ed eccoli, quei nomi di fantasia, storie che racconta Paolo Iorio, rappresentante provinciale del Sunia. Storie che sembrano tegole, tegole di un tetto che crolla, che si staccano, una dopo l’altra. Eccoli tornare, quei nomi di fantasia, protagonisti di storie che di fantastico non hanno proprio niente: «Cominciamo dalla provincia, da San Giorgio del Sannio – dichiara Iorio – c’è una signora sola, che ha subito uno sfratto per fine locazione, non è riuscita ad avere una casa popolare, come non è riuscita ad avere una casa popolare. A fine aprile sarà sfrattata, e non si dove andràò a finire: è praticamente senza reddito, fa la badante ad alcuni anziani, ma ultimamente di lavoro non ce n’è molto… per cui non si che fine farà». Altro giro, altra storia, altro paese, qui la situazione è addiritttura peggiore, perché c’è la richiesta di giustizia, che non arriva, come non arriva qualcosa che spetterebbe di diritto, come un tetto: «A Sant’Agata de’Goti, c’è un papà, che vive assieme a un figlio disabile: ha fatto un contratto in nero con il proprietario, che ha usato il solito escamotage del comodato d’uso gratuito. Ovviamente di gratuito non c’è proprio nulla: il fitto è di 330 euro al mese. Il proprietario però, nonostante le continue richieste, non concede ricevute, e non fa intestare le utenze dell’acqua o del riscaldamento, niente di niente. E’ una situazione molto particolare perché, ad esempio, ci sarebbero non pochi problemi per il figlio disabile in caso di mancanza di corrente. Disperato il padre ha tentato di informare l’Agenzia delle Entrate a riguardo di questa situazione, per segnalare la condizione di affitto in nero, per denunciare. Ovviamente di fronte a questa situazione il proprietario ha minacciato lo sfratto immediato». E ancora: «A Benevento, città, c’è un alloggio popolare libero, visto che la signora che lo occupa è deceduta. I familiari non sono riusciti neppure a liberare la casa dei mobili, che è arrivata puntuale l’occupazione abusiva da parte di altre persone. Ora c’è il paradosso: i familiari della signora non riescono neppure a consegnare le chiavi, dato che non si chi abbia la competenza a ricevere le chiavi. Ora c’è l’ultimo familiare della signora che tenta, disperatamente, di consegnare le chiavi dell’alloggio, senza riuscirci». Infine la questione delle graduatorie per avere gli alloggi popolari in città: «E’ una situazione classica, faccio l’esempio di inquilini, in posizione molto avanzata nella graduatoria, che però intanto perdono il lavoro, perché sono stati licenziati entrambi e vengono sfattati per morosità. Intanto, però, quella casa a cui dovrebbero accedere da tantissimo tempo non arriva, il decreto per sfratto incolpevole nemmeno, e non si sa che fine faranno».

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