Occupare casa per disperazione.

Storie di crisi e di sfratti: occupare una casa per disperazione. Succede a Genova, ma anche altrove(Il Ghirlandaio) Genova, 15 nov. – E’ da mesi ormai che nelle nostre città stiamo assistendo a un vero e proprio boom delle occupazioni abitative. Complice la crisi, il caro affitti, le difficoltà a ottenere un mutuo e l’aumento esponenziale degli sfratti, sono sempre di più le famiglie italiane che, per non essere costrette a chiedere ospitalità ad amici e parenti o a vivere per la strada, decidono di occupare una casa, spesso in edifici di edilizia popolare.

Ma chi sono queste persone e cose le spinge a un gesto così eclatante? Per rispondere a queste domande Il Ghirlandaio ha intervistato una giovane coppia che dall’agosto scorso ha occupato un’abitazione in uno stabile di edilizia residenziale pubblica sulle alture di Genova. Quella che ci hanno raccontato è una storia esemplare, una storia simile a quella di altre migliaia di famiglie che, avendo perso il lavoro da un giorno all’altro ed essendo state sfrattate dalle loro vecchie case, ne hanno occupato una per disperazione.

Fabrizio ha 39 anni ed è genovese, Ana di anni ne ha una trentina ed è di origini peruviane. Entrambi hanno una storia difficile alle spalle e insieme hanno dato alla luce da poco una bambina. “Io, – spiega Fabrizio, – lavoravo per una nota società di spedizioni che, a causa della crisi, ha dovuto lasciare a casa me ed altri lavoratori. Ana lavorava per una grande multinazionale, che ha chiuso le tre sedi che aveva a Genova. Pagavamo 660 euro di affitto per un’abitazione in una zona popolare ma quando abbiamo perso il lavoro non siamo più riusciti a pagarlo”.

La proprietaria dell’immobile “ci aveva tenuto per un anno in nero e avremmo potuto denunciarla, ma non l’abbiamo fatto per non metterla nei guai, visto che la conoscevamo. Siamo stati ingenui perché se avessimo denunciato questa situazione, avremmo potuto rimanere lì per altri anni pagando un affitto bassissimo”, ha raccontato ancora.

“Da 7 anni avevamo anche fatto domanda per un alloggio di edilizia residenziale pubblica ma con la revisione dei criteri di assegnazione, essendo stati colpiti da un provvedimento di sfratto per morosità, abbiamo perso tantissime posizioni nella graduatoria”, spiega Fabrizio. Nel frattempo “è nata nostra figlia e l’unica proposta che il Comune e gli assistenti sociali ci hanno fatto è stata quella di dividerci: mia moglie e la bambina sarebbero state ospitate in una casa famiglia e io avrei dovuto tornare a vivere dai miei genitori. Avendo 39 anni ed essendo incensurato, pur avendo avuto una storia difficile alle spalle, non capivo perché avrebbero dovuto dividere la nostra famiglia”, afferma.

A segnalare a Fabrizio e Ana la presenza di un’abitazione vuota in una palazzina di edilizia popolare di via Lugo sono stati alcuni parenti, che vivevano in uno stabile vicino. “All’inizio eravamo un po’ titubanti ma poi nell’agosto dello scorso anno abbiamo deciso di occuparlo, visto che, se volevamo continuare a vivere insieme, non avevamo altre alternative”, dice Fabrizio ripercorrendo le tappe della loro storia.

“Al momento del nostro ingresso l’appartamento, in cui fino a 2 anni fa viveva una signora anziana e invalida, versava in una condizione di totale degrado, non c’erano scarichi, mancavano alcuni sanitari, c’erano buchi nei muri, le piastrelle erano danneggiate e per terra era pieno di escrementi di piccioni. Con l’aiuto di amici lo abbiamo ripulito, abbiamo dato il bianco alle pareti e lo abbiamo completamente risistemato. Tutti i mobili e gli elettrodomestici li abbiamo recuperati durante traslochi o ce li hanno regalati amici e conoscenti”, dice ancora.

Cresciuta in un collegio e in varie comunità per minori, Ana, una volta diventata maggiorenne, era dovuta tornare a vivere con il padre, da cui l’avevano allontanata molti anni prima perché non aveva i soldi per mantenerla ed era stato sfrattato dall’abitazione in cui viveva. “Tra l’altro ero entrata nella comunità per minori sana e ne sono uscita con dei problemi di salute perché non c’erano controlli. Nonostante questo, una volta uscita dalla comunità ho provato a cavarmela da sola, ho lavorato e studiato ma, senza una famiglia alle spalle, non potevo permettermi un affitto così ho deciso di fare la domanda per un alloggio popolare”, racconta Ana, spiegando che dopo un po’ ha conosciuto Fabrizio e “abbiamo fatto domanda insieme come nucleo familiare. Per assurdo però più i problemi aumentavano, perdevamo posti in graduatoria perché cambiavano ogni anno i criteri di assegnazione e non contava più l’anzianità, né il fatto che avessimo appena avuto una figlia. Siamo arrivati a occupare questa abitazione proprio perché avevamo perso ogni speranza di ottenere un casa popolare”.

Poco dopo aver preso possesso dell’appartamento sono arrivate le prime visite della polizia municipale e degli ispettori dell’Arte, l’azienda territoriale che si occupa dell’edilizia pubblica nella provincia di Genova. “La prima volta, – ricorda Fabrizio, – sono venuti i vigili e quando hanno constatato che nell’abitazione viveva anche nostra figlia, si sono limitati a denunciare la situazione come da prassi. Dopo un paio di mesi, però, si sono presentati due ispettori dell’Arte che, in maniera molto più aggressiva, ci hanno intimato di andarcene. Con una lettera ci hanno poi avvisato che sarebbero venuti immediatamente a cacciarci ma nel frattempo avevamo avuto un’udienza in tribunale e quella lettera non valeva più. Adesso fino a febbraio 2014 non dovrebbe esserci il rischio di uno sgombero”.

Nel frattempo Ana e Fabrizio non sono stati con le mani in mano: lei ha trovato un nuovo lavoro e lui sta frequentando un corso di formazione della provincia che dovrebbe portarlo a un’assunzione entro 5 o 6 mesi. “Il paradosso, – sotttolinea Ana, – è che da una parte il Comune non ci dà una casa e vuole mandarci via da qui ma dall’altra ci aiuta. Quando ci siamo sposati, ad esempio, ci hanno messo la residenza e il domicilio qui“. Sono anche “venuti a fare gli accertamenti per luce e gas, – aggiunge Fabrizio, – sono venuti ad attaccarceli senza problemi e da allora le utenze le abbiamo sempre pagate. L’Arte però continua a spedirci multe da 200, 220 euro per  una casa che non vale più di 80 euro al mese”. Adesso la coppia ha intenzione di chiedere la regolarizzazione.

Nel palazzo di via Lugo, dove si è insediata la giovane coppia, sono diverse le abitazioni occupate, alcune da cittadini italiani, altre da stranieri. “Stiamo cercando di organizzarci con gli altri occupanti per fare sentire le nostre ragioni. Anche con gli altri inquilini dello stabile, che pagano regolarmente il canone di locazione, abbiamo instaurato un bellissimo rapporto perché siamo entrati qui in punta di piedi, senza mai disturbare i vicini”, racconta Fabrizio, spiegando che “alcuni portano del cibo, altri regali per la bambina e noi cerchiamo di ricambiare come possiamo, magari anche solo tenendogli il cane quando devono uscire”. Mentre nelle principali città italiane per rispondere al crescente disagio abitativo si moltiplicano le occupazioni, spetta alle istituzioni e alla politica affrontare con nuovi strumenti quella che ormai è a tutti gli effetti una vera e propria emergenza nazionale.

Alessandro Fossati

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